ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei portare all'attenzione del sottosegretario atta la valenza molto negativa di un episodio che, d'altra parte, si iscrive in una serie infinita di episodi che durano da anni e che hanno al centro, come caratteristica peculiare, la volontà di minare l'efficacia, la legittimità e l'operatività di due leggi fondamentali, che hanno fatto la storia dell'autodeterminazione dei diritti delle donne nel nostro paese, la n. 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza e la n. 405 del 1975 relativa all'istituzione dei consultori. Ripeto, si tratta di un episodio estremamente significativo avvenuto in una città della Basilicata, Potenza, che riguarda la struttura sanitaria regionale ed è, quindi, di stretta competenza della regione, ma che investe due leggi nazionali che richiedono, richiederebbero e, mi auguro, richiederanno un'attenzione particolare da parte del Governo. L'ospedale San Carlo di Potenza, nel 2000, ha stipulato una convenzione con l'associazione di volontariato «Centro aiuto alla vita», al fine di prevenire l'interruzione volontaria di gravidanza. Questo è il focus della vicenda che, come ho già detto, è caratteristica di una serie di episodi analoghi, che hanno al centro il permesso e l'autorizzazione concessa ad organizzazioni contrarie alla legge n. 194 di entrare nelle strutture pubbliche e svolgere propaganda, opera di convincimento, moral o immoral suasion, nei confronti delle donne che hanno preso le loro decisioni o che, comunque, hanno diritto a prenderle in un contesto completamente diverso. La convenzione, che è anche stata al centro di una grande contestazione da parte del movimento delle donne della Basilicata, è scaduta, ma risulta agli interpellanti - anche da dichiarazioni di dirigenti dell'ospedale - che l'associazione continua a svolgere la propria attività di volontariato all'interno dell'azienda in un locale assegnato ad hoc, il che mi sembra di notevole gravità anche perché gli esponenti dell'associazione possono girare liberamente nei corridoi e nei locali dell'ospedale con camici bianchi e avvicinare le donne come vogliono. Per quanto riguarda l'applicazione della legge n. 194, nei termini di aiuti, consigli e suggerimenti che le donne possono chiedere, la norma è molto chiara: sono i consultori, istituiti con la legge n. 405 del 1975, i luoghi a ciò preposti. Non vi possano essere deroghe e, laddove vi fossero, rappresenterebbero una grave violazione di punti cardinali di alcune leggi, che riteniamo debbano essere rigorosamente difese. La domanda che rivolgiamo è cosa abbia intenzione di realizzare il Governo per rimettere al centro il proprio impegno a difesa delle due leggi fondamentali di cui ho poc'anzi parlato e, in particolare, cosa intenda fare per promuovere una nuova stagione di rafforzamento e rilancio dei consultori, che a nostro modo di vedere rappresenterebbero oggi uno strumento essenziale per ritornare con i piedi per terra in relazione ai bisogni, alle esigenze e agli orientamenti di autodeterminazione delle donne, al di fuori delle campagne propagandistiche, mediatiche e ideologicamente orientate intorno alla legge n. 194, salvaguardando il diritto fondamentale delle donne di esercitare il controllo sulla propria sessualità, sulla propria capacità riproduttiva, insomma sul complesso delle questioni che sono state al centro di lotte faticose che le donne in Italia hanno compiuto e che hanno portato a realizzare alcuni punti di civiltà giuridica nelle relazioni tra i due sessi e nel rapporto tra la parte femminile della società italiana e lo Stato medesimo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Con riferimento alla problematica segnalata dagli onorevoli interpellanti, il Ministero della salute ha chiesto informazioni al competente assessorato alla sanità della regione Basilicata. Dalla documentazione pervenuta risulta che con nota del 1o giugno 1998 l'associazione Centro di aiuto alla vita Gianna Beretta Molla ha chiesto di collaborare con l'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza per il conseguimento della finalità di cui alla legge 2 maggio 1978, n.194, in materia di prevenzione dell'aborto volontario. In esecuzione della deliberazione n. 172 dell'8 febbraio 1999, il 4 ottobre 2000 è stato sottoscritto tra l'azienda ospedaliera e il Centro di aiuto alla vita un atto di convenzione della durata di tre anni, che, dopo tacito rinnovo di pari durata, è scaduto in data 3 ottobre 2006.
La convenzione consentiva al Centro di aiuto alla vita di effettuare pubblicità circa l'esistenza e gli scopi della associazione presso le unità operative di ostetricia e di ginecologia e presso i rispettivi ambulatori dell'azienda ospedaliera. L'azienda autorizzava la presenza, nei giorni previsti per l'espletamento dell'iter per l'interruzione volontaria della gravidanza (IVG), degli operatori del Centro di aiuto alla vita (riconoscibili dal cartellino) per un incontro con le donne che ne avessero fatto richiesta, in collaborazione con gli operatori sanitari del servizio di IVG. La regione ha precisato che, nel periodo di vigenza della convenzione, gli operatori del Centro di aiuto alla vita hanno operato nel rispetto della convenzione e che nessuna segnalazione, formale o informale, di disagio da parte dei cittadini utenti è stata registrata, né dalla direzione sanitaria dell'ospedale né dal tribunale dei diritti del malato. Quanto alla presunta violazione della normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali e sensibili, l'azienda assicura che nessun dato identificativo e sensibile è mai transitato tra la struttura medesima e il centro. Con nota del 2 gennaio 2007 l'associazione ha presentato una richiesta di proroga della convenzione. Al fine di realizzare una più organica attuazione di quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 194 del 1978, l'azienda ospedaliera in data 11 gennaio 2007 ha richiesto all'AUSL n. 2 di Potenza
di fornire la propria disponibilità per la necessaria collaborazione tramite i consultori familiari. L'azienda non ha rinnovato la convenzione, concedendo, tuttavia, l'autorizzazione a svolgere l'attività di volontariato, contemplata nello statuto del Centro, in locali appositamente assegnati e nel rispetto di modalità specificamente indicate dall'azienda. La vicenda in esame è stata oggetto di discussione all'interno della competente Commissione permanente del Consiglio regionale della Basilicata, nella seduta dell'1 febbraio 2007. In quella sede l'assessore regionale alla salute ha giudicato
pienamente conforme alla normativa vigente il comportamento tenuto dall'azienda ospedaliera San Carlo e ha preannunciato l'emanazione di un atto di indirizzo alle aziende sanitarie in materia di consultori familiari per la piena e sistematica utilizzazione dei consultori familiari in relazione alle funzioni loro spettanti, in base alla legge n. 194 del 1978, nonché per la regolamentazione delle funzioni riconosciute dalla stessa legge ad altri soggetti. Relativamente a quanto richiesto dagli interpellanti, va ricordato che l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dispone che all'interno delle strutture sanitarie
è favorita la presenza e l'attività degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono stipulare, senza oneri a carico del fondo sanitario regionale,
accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità di collaborazione. La stessa norma, tuttavia, contiene un esplicito richiamo alla doverosa osservanza del diritto alla riservatezza che deve essere comunque garantito al cittadino e del principio della non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari. Premesso dunque che la presenza all'interno delle strutture ospedaliere
dell'organizzazione del volontariato e della tutela di diritti è contemplata dalla legge nel rispetto dei limiti ivi previsti, nel caso specifico è necessario operare un «distinguo» fra la valutazione senza dubbio favorevole dell'attività che tali organizzazioni possono svolgere nel perseguimento degli obiettivi fissati dalla legge n. 194 del 1978, anche utilizzando i locali messi a disposizione dalle strutture ospedaliere, e la presenza degli operatori di tali organizzazioni nei reparti dove si recano le donne, che hanno già deciso di interrompere la gravidanza e, soprattutto, nel momento in cui si praticano gli interventi di interruzione volontaria della gravidanza, presenza che pare quanto mai inopportuna. Non sbagliano gli interpellanti a richiamare il ruolo che la legge n. 194 del 1978 assegna ai consultori nell'assistere la donna in gravidanza e nella prevenzione degli aborti. Il consultorio ha la funzione di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza e, specialmente quando la richiesta di interruzione sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, sociali o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito le possibili soluzioni dei problemi proposti; di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza; di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre; di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza, sia dopo il parto. Nella relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 riguardante l'anno 2004 e contenente i dati provvisori relativi al 2005, che è stata presentata dall'attuale ministro al Parlamento il 21 settembre 2006, si è avuto modo di evidenziare che uno degli strumenti disponibili per prevenire il ricorso all'aborto è lo svolgimento di uno o più colloqui con i membri di una équipe professionalmente qualificata, come quella presente nei consultori. In una studio pilota condotto dall'Istituto superiore della sanità, in cui al consultorio era necessario rivolgersi per la prenotazione dell'intervento di interruzione volontaria di gravidanza, si è potuto verificare che il 5 per cento delle donne ritornava sulla sua decisione in seguito al colloquio e veniva sostenuta per il proseguimento della gravidanza. La centralità dei consultori nell'attuazione del dettato legislativo, ivi compresa la parte riguardante il riconoscimento del valore sociale della maternità, non esclude la collaborazione con le formazioni sociali presenti sul territorio. Ai sensi della stessa legge, infatti, sono i consultori che, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni, possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. Per quanto concerne le azioni, che questo Ministero intende porre in essere per potenziare la rete dei consultori sul territorio e di cui la relazione al Parlamento già citata ha evidenziato le criticità, è da ricordare il Progetto obiettivo materno infantile, adottato con decreto ministeriale del 24 aprile 2000 e recepito integralmente nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, concernente la definizione dei livelli essenziali di assistenza. Il progetto assegna un ruolo centrale ai consultori familiari e definisce dettagliatamente non solo gli aspetti organizzativi, ma anche gli obiettivi da raggiungere, i corrispondenti indicatori di esito ed i conseguenti indicatori di risultato e di processo, nonché le azioni da svolgere mediante offerta attiva. È ragionevole ritenere che l'applicazione integrale del suddetto progetto, nel quale il percorso nascita rappresenta una componente strategica centrale, possa produrre come conseguenza diretta ed indiretta un'ulteriore e rilevante riduzione del ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza, già fortemente diminuita nel nostro paese, dopo l'entrata in vigore della legge n. 194 del 1978. Deve, inoltre, essere sottolineato che, in coerenza con gli obiettivi individuati dal POMI e dal Piano sanitario nazionale 2006-2008, il ministro ha presentato un disegno di legge recante norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato, attualmente all'esame della XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, nel quale viene previsto il potenziamento dell'attività dei consultori familiari con programmi specifici per la salute preconcezionale e riproduttiva, la tutela della maternità e la promozione dell'allattamento al seno. Il disegno di legge intende, fra l'altro, contrastare le disuguaglianze territoriali e sociali di accesso ai servizi dell'area materno-infantile, migliorandone la fruibilità da parte della popolazione più svantaggiata, e promuovere la continuità assistenziale del percorso nascita, garantendo l'integrazione tra territorio e strutture ospedaliere. Per il necessario raccordo con il piano sanitario nazionale 2006-2008, inoltre, dovrà essere siglata un'intesa Governo-regioni per la promozione delle attività previste e per la definizione da parte degli enti territoriali dell'entità della quota di risorse finanziarie da destinare a tali attività, nell'ambito dell'1,3 per cento delle risorse disponibili per il Servizio sanitario nazionale e vincolate, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. La legge finanziaria 2007, infine, prevede che il ministro delle politiche per la famiglia, avvalendosi dello specifico fondo, realizzi con il ministro della salute un'intesa, in sede di conferenza Stato-regioni, concernente i criteri e le modalità per la riorganizzazione dei consultori familiari, allo scopo di potenziare gli interventi di carattere sociale a favore delle famiglie.
PRESIDENTE. L'onorevole Lombardi ha facoltà di replicare.
ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, ci riteniamo parzialmente soddisfatte della risposta. Abbiamo ritenuto di interpellare il Governo su tale tema non tanto per provocare un'ingerenza nelle scelte praticate da regioni o aziende ospedaliere, ma per provare ad affermare che, su temi di interesse nazionale, in particolare su questioni come quelle poste dalla legge n. 194, non è possibile produrre azioni differenziate, che in qualche modo nelle regioni contraddicano lo spirito della stessa legge. Come si è potuto constatare e come lei stesso ha affermato, a seguito delle proteste del movimento delle donne il direttore ha ritenuto, con una formulazione un po' ambigua, di sospendere la convenzione con il Centro di aiuto alla vita nell'ospedale, ma di
consentire allo stesso di svolgere la propria azione di volontariato, che non si presenta - ne sono certa - come un elemento di tutela dei diritti. Pertanto, a mio parere
essa non è assolutamente conforme allo spirito della legge n. 194, perché, come lei sa, i volontari del Centro di aiuto alla vita sono in aperto contrasto con tale legge e considerano l'interruzione volontaria di gravidanza al pari di un crimine. Questa è un'opinione che può e deve essere legittimamente espressa addirittura anche nelle piazze, nei comizi, nel volantinaggio, non certo nei luoghi pubblici dove, invece, le donne si recano per esercitare un diritto. La legge n. 194 è il frutto di una domanda forte che è provenuta dalla società, in particolare da un grandissimo movimento delle donne, che la deputata Deiana ha prima ricordato e che ha permesso di fondare la legge su una filosofia specifica. Sappiamo che tale filosofia ispiratrice è quella dell'inviolabilità del corpo della donna e della sua libertà di decidere su di sé e sul proprio corpo. Purtroppo, la tentazione di mettere invece sotto tutela il corpo della donna, in nome di etiche predefinite in modo aprioristico, riaffiora drammaticamente in particolare in questo tempo di precarietà, come accade con scelte lasciate agli enti locali su questioni, che invece non possono essere delegate a questo livello di autonomia. La legge n. 194 non a caso ha assegnato ai consultori, come lei stesso ha ricordato, la funzione dell'informazione e della prevenzione, non quella della propaganda. Signor sottosegretario, bisogna quindi ragionare - e mi pare che il governo lo stia facendo, a quanto lei stesso ha detto - su come tale funzione possa essere potenziata. Si tratta di una funzione importante, che non va confusa in alcun modo con la propaganda, proprio perché tende all'affermazione del fatto che siano proprio le donne a decidere su di sé. Non faccio parte di quelle donne che pensano che la scelta di interrompere la gravidanza sia necessariamente un dramma. Sono convinta che si tratti di una scelta individuale e che come tutte le scelte individuali contenga una certo grado di emotività, diverso per ogni donna chiamata a prendere tale decisione. Per l'appunto sono convinta che si tratti di una scelta, che come tale è stata riconosciuta dalla legge e che deve esserlo da parte di tutti. L'ospedale è il luogo in cui si esercita un diritto ed esso non può essere sottoposto ad alcuna ingerenza.
Un diritto non deve trovare nei luoghi pubblici ostacoli al suo esercizio ed alla sua affermazione. Piuttosto, deve essere aperta una riflessione su come incoraggiare gli enti locali alla realizzazione in particolare di un articolo della legge n. 194, che a me pare interessante e che forse dovremmo tutti maggiormente promuovere. Mi riferisco all'articolo 15, che prevede la promozione dell'aggiornamento del personale sanitario, oltre che sui metodi anticoncezionali, anche sull'uso delle tecniche più moderne e rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna nonché meno rischiose per l'interruzione di gravidanza. Si tratta di un punto - questo sì - che potrebbe essere incoraggiato attraverso la sperimentazione diffusa negli enti locali della RU 486, sicuramente meno invasiva rispetto ad un'interruzione volontaria di gravidanza tradizionale. Purtroppo, in tempi di precarietà, di frammentazione e di separazione da se stessi come i nostri, si possono utilizzare anche movimenti integralisti come quello per la vita per produrre l'involuzione democratica, che vuole separare la maternità da una scelta libera e consapevole delle donne. Sono convinta che l'Unione tutta - come scritto nel nostro programma e come dimostrato dal nostro lavoro quotidiano - voglia affermare l'esatto contrario, ovvero il valore della democrazia e dei diritti. Per questo credo che tutti saremo impegnati in un'operazione di valorizzazione degli aspetti interessanti, che concedono alle donne la libera scelta in merito alla legge n. 194, rafforzandoli sui territori per la crescita della democrazia.