Accogliamo con una certa soddisfazione la decisione del dottor Michele Cannizzaro direttore generale dell’azienda Ospedaliera Ospedale San Carlo di non rinnovare la convenzione tra il Centro aiuto alla vita e l’azienda ospedaliera stessa, convenzione che prevedeva la presenza nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dei volontari del CAV nel momento delicatissimo in cui le donne si recavano in reparto per avviare la procedura per l’interruzione di gravidanza.
Non vogliamo tornare ora sui punti sui quali alcune di noi a vario titolo si sono già pubblicamente espresse, ovvero l’autodeterminazione e la libertà della donna nonché il suo diritto alla riservatezza, ma teniamo a ribadire che questi diritti vengono calpestati anche a causa di una prassi ormai consolidata.
La legge 194/78 è una legge che funziona, là dove è applicata correttamente.
In particolare la valutazione della richiesta dell’interruzione di gravidanza non può avvenire nello stesso luogo e da parte della stessa persona che eroga il servizio. Riteniamo che la valutazione deve tornare ad essere fatta nelle strutture apposite ovvero nelle strutture dell’Azienda Sanitaria Locale cioè nei consultori e nelle strutture socio sanitarie, lasciando all’azienda ospedaliera esclusivamente l’erogazione del servizio.
Negli ultimi anni, infatti, i consultori sono stati svuotati di alcune delle loro funzioni originarie, ora chiediamo che venga ridato loro, come previsto dalla 194, il fondamentale compito dell’educazione alla contraccezione, che attualmente non viene più svolto da nessuna altra istituzione. La contraccezione è infatti l’essenziale prevenzione all’aborto, e deve essere fatta in maniera completa e corretta da chi è istituzionalmente deputato a farla, formato allo scopo e periodicamente aggiornato.
Inoltre la legge 194/78 nel suo articolo 15 prevede che le regioni promuovano l’aggiornamento del personale sanitario oltre che sui metodi anticoncezionali, anche “sull’uso delle tecniche più moderne e più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”. a questo proposito chiediamo perché in Basilicata non viene avviata la sperimentazione della RU486, come avviene in altre regioni italiane.
Queste sono le richieste che rivolgiamo anche all’assessore regionale alla sanità, Rocco Colangelo a cui chiederemo un incontro.
Donne Ancora Insieme